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ANTLERS, SPIRITO CORNUTO

Allora ragazzi, qui non ci siamo. Non ci siamo proprio. Eppure abbiamo cominciato la visione con tutta la buona volontà, ce ne avevano parlato bene, c'è un mostro cornuto, poi l'ha prodotto Guillermo Del Toro, cosa può andare storto? Intendiamoci eh, non è un brutto film affatto, e magari molti di voi se lo godono pure senza curarsi dei vari problemi. Ma noi i difetti li vediamo tutti e diciamo che era lecito aspettarsi di più. Antlers (2021) Regia: Scott Cooper Cast: Keri Russell, Jesse Plemons, Jeremy T. Thomas, il Cornuto Scott Cooper è un bravissimo regista, che ha lasciato il segno in vari generi finora, seppur mai apprezzato davvero dal grande pubblico (heh). Dal dramma musicale Crazy Heart, al thriller Il fuoco della vendetta, al gangster biopic Black Mass, al western (rivisitato) Hostiles. Questo è il suo primo approccio all'horror ma conosciamo tutti il suo talento, poi prodotto da uno dei più influenti artisti di horror moderni, insomma c'era molto hyp

La fiera delle illusioni, ovvero I veri mostri sono gli esseri umani

 La fiera delle illusioni (2022)
Regia:
Guillermo Del Toro
Cast:
Bradley Cooper, Cate Blanchett, Willem Dafoe, Rooney Mara, Toni Collette

Guillermo del Toro è tornato, amici miei.
E mentre attendiamo la sua personale rilettura di Pinocchio, ci godiamo questa rilettura di "Nightmare Alley". Del Toro è sempre stato bravo a rappresentare il peggio degli esseri umani, la parte più becera e LERCIA, mettendo in risalto come i suoi mostri fiabeschi fossero in realtà i buoni della situazione. In questo caso non abbiamo mostri fiabeschi, a parte i freaks da circo, ma la mostruosità degli umani, al solito, è abbastanza per tutti.


Innanzitutto lasciatemi dire che mi piacerebbe davvero fare un tour della Bleak House (riferimento a Dickens), la casa nei sobborghi di Los Angeles in cui Del Toro si rifugia per cercare ispirazione. Una sorta di metaverso in cui vi si trova ogni sorta di fantasia e incubi, in cui tutte le stanze sono piene di mostri e stranezze, qualsiasi cosa abbia popolato i suoi film e quelli che lo hanno influenzato. C'è tanta di quella roba che hanno anche potuto farne una grossa mostra itinerante attraverso tutti gli Stati Uniti e il Canada. Io spero sempre che arrivi anche oltreoceano; nel frattempo i suoi film funzionano abbastanza bene come mostra degli orrori, dalla quale non si cerca la salvezza fuggendo, ma vi si resta affascinati e si osserva ogni dettaglio di questo mondo bizzarro, intriso di colori che alla fine si fondono nell'oscurità.

Ci vuole tempo e dedizione per godersi questo universo, devi volerlo davvero e non lasciarti inquietare da esseri deformi conservati nell'alcool, indirettamente illuminati come i reperti del Narrenturm di Vienna (ci sono stato, bellissimo). In questo film non ci saranno uomini pesce che appaiono nella vasca da bagno, vampiri che mostrano i denti o demoni cornuti che dicono frasi a effetto, ma anche qui i mostri che popolano i sogni di Del Toro sono onnipresenti.


Del Toro ha spesso dichiarato che il fantastico, per lui, era il luogo in cui si rifugiava quand'era più giovane, pieno di "mostri" in cui si identificava. E infatti, l'amore per i diversi, gli esclusi, i freaks, è una delle costanti nel suo lavoro cinematografico. Forse l'esempio migliore è proprio il suo ultimo film, La forma dell'acqua (premiato con 4 oscar), una fiaba oscura ambientata negli anni '60 che racconta l'incontro e la storia d'amore tra due disadattati: una donna delle pulizie muta e un uomo anfibio in cattività. Il modo in cui Del Toro combina l'orrore fantastico con quello reale, gli eccessi della Guerra Fredda e il razzismo è semplicemente straordinario, e tutti i premi che ha vinto sono più che meritati.

Anche in questo film Del Toro flirta col soprannaturale, nello specifico il mondo dei morti, anche se è tutta un'illusione, appunto. Stavolta resta fermamente coi piedi per terra, nel film probabilmente più realistico che abbia mai prodotto. Comunque non è una sorpresa che il film originale, basato sul romanzo omonimo di William Lindsay Gresham, abbia suscitato il suo interesse: una fiera itinerante rappresenta il perfetto microcosmo pieno di persone ai margini della società, che ricorda moltissimo Freaks, il famosissimo horror di Tod Browning.

Anche se non ci sono i classici mostri fittizi qui, la mostruosità è sempre in primo piano, attraverso persone che vengono presentate al pubblico come attrazioni animalesche, veri e propri uomini bestia. Ma come sempre, il mostro comprensivo Del Toro, sebbene non ci nasconda il destino crudele di questi esseri, ci sensibilizza verso la loro sofferenza. Soprattutto quando Clem (Willem Dafoe), il capo giostraio, ci spiega per filo e per segno come trasformare un senzatetto ubriacone in un uomo bestia. 

La differenza, qui, è che al centro dell'attenzione non c'è il presunto mostro che deve sopportare continue violenze e umiliazioni. Il ruolo del protagonista è occupato da Stanton Carlisle (Bradley Cooper), che vediamo subito letteralmente bruciare la sua vecchia vita. Nel 1939, in fuga dal suo insoddisfacente passato, cade tra le braccia di Clem e diventa ben presto parte della famiglia. Intanto, scopre di essere particolarmente affascinato dai mentalisti (sposati) Zeena (Toni Collette) e Pete (un sensibilissimo David Strathaim), da cui impara i trucchi della seduzione e dell'inganno.

"Ti ho raccontato di quando ero guardiano del faro? Ah, ma quello è niente... aspetta di sentire quando Lars Von Trier mi ha fatto frantumare i testicoli!"

Il fatto che Del Toro possa permettersi più di molti altri colleghi è dimostrato dal modo in cui struttura il suo adattamento del romanzo, che almeno all'inizio stravolge le classiche regole della sceneggiatura. L'introduzione è piuttosto lunga e osserva la vita quotidiana di questa colorita compagnia, immergendosi completamente nel decadente scenario ricostruito in maniera esemplare. Puoi quasi sentirlo, quel fango in cui i carri e le bancarelle restano bloccati dopo una tempesta, grazie alle immagini accattivanti dell'esperto direttore della fotografia Dan Laustsen.

Dunque nella prima parte non abbiamo idea della direzione che prenderà il film, e questo forse lo rende ancora più intrigante. Col senno di poi, comunque, l'avvertimento di Pete a Stan anticipa abbondantemente ciò che accadrà al giovane mentalista nella seconda parte. E a un certo punto, diventa chiaro che una normale vita nella società per Stan non è abbastanza, perché sente di essere destinato a cose più grandi. E diventa chiaro di cosa parli davvero questo film: di un uomo ambizioso che vuole avere successo a tutti i costi e incantare la gente. Un uomo consumato da un lato oscuro che giustifica l'uso delle sue fittizie abilità paranormali adducendo buone intenzioni e diventa vittima dei suoi stessi inganni.

"Come dite? No, non sono Ralph Fiennes! E nemmeno Kevin Costner!"
 
La seconda parte del film visivamente è tutto un altro mondo, siamo nel bel mezzo dell'alta società di New York con la sua lussuria, i suoi locali patinati e arredati con gusto, ben lontani dal fango della fiera. Stanton, accompagnato dall'amore trovato al circo Molly, è ora un popolare chiaroveggente, che sembra essere arrivato al top ma ovviamente non ne ha abbastanza ed è in cerca di sfide sempre più grandi per mettere alla prova le sue abilità manipolative. Tanto non era chiara la prima parte, quanto è chiaro ora che le cose da qui in avanti possono solo peggiorare. Stanton vuole conquistare la città e non si accorge che sta andando troppo oltre, finendo per imboccare questo "vicolo di incubi" senza fine. E alla classica maniera dei film noir, un senso di disperazione avvolge gli eventi, un'atmosfera minacciosa che culmina in una sanguinosa escalation nel finale.
 
Questo nuovo adattamento del romanzo di Gresham offre vari spunti di riflessione, ad esempio se sia giusto o meno ingannare la gente per dar loro conforto. E diverse scene sanno accattivare lo spettatore, grazie al fantastico cast che sa come toccare le giuste corde, e a questo proposito va sottolineata ancora una volta la performance di Strathairn che bilancia perfettamente il suo ruolo tragico e non si può non empatizzare con Pete. Cate Blanchett, sempre stupenda, offre un'interpretazione oscura e intimidatoria della classica femme fatale, una Lauren Bacall esageratamente spietata, e Cooper rappresenta molto bene il manipolatore che tenta in tutti i modi di celare la sua manipolazione. Insomma, abbiamo tutti i tipi di essere umano; le pedine che si muovono in questo scenario vanno dal disgustoso, all'innocente, al tragico. Dunque il meglio e il peggio delle persone, anche se spesso non è del tutto chiaro dove finisca l'uno e cominci l'altro.


Avrete capito che questo non è il vostro classico film noir. Come Il labirinto del fauno non è un classico horror. Come La forma dell'acqua non è un classico film romantico. Non sarebbe un film di Del Toro se non fosse uno strano ibrido, come le creature che lo popolano. Il pubblico qui diventa osservatore di un bestiario completamente diverso, che cita palesemente il suo grande modello: il classico senza tempo Freaks (già citato prima), soprattutto nella sua moralità da parabola. Ci sono diverse scene e immagini che lo ricordano senza dubbio alcuno. Al tempo, Browning aveva lavorato con persone davvero deformi che, in una semplice ma efficace storia di vendetta, sventeranno i piani sinistri di una bellissima trapezista. Anche lì la fiera occupa un posto centrale, e anche lì, vili pulsioni come l'avidità sono una buona ragione per manipolare i creduloni e abusare della loro fiducia. Bradley Cooper, figo all'apparenza, si trasforma in una creatura della notte con un complesso paterno e un debole per la follia; un gioco intenso, come quello dell'intero cast del film, che ci regala una bella dose di inquietudine e anche quel poco di spettralità. Del Toro immerge la sua opera in immagini pittoresche, e mette fine con una mano ferma al circolo vizioso, dal quale non c'è via di scampo. Molto spesso, nei suoi film favoleschi, c'è comunque uno spiraglio di luce, un lieto fine; qui no. Qui non c'è alcuna speranza, né ci sono freaks che otterranno la loro vendetta: Nightmare Alley è soltanto un'enorme tragedia. La tragedia di vari personaggi, ma soprattutto di un uomo che diventa prigioniero dei propri sogni e della volontà di arrivare in cima; un "piccolo uomo" che voleva essere troppo grande ma è destinato a diventare proprio come il mostro da cui ha cercato di fuggire per tutta la vita. Un argomento che ancora oggi risuona molto attuale: sebbene Nightmare Alley sia ambientato in un passato remoto e sembra fuori moda (non ci sono più le fiere dei freaks), la suscettibilità dell'essere umano a tali cadute è senza tempo. 

Stranamente, considerando che dopo aver vinto l'Oscar Del Toro è praticamente nell'olimpo e considerando il cast stellare di questo film, in giro non se ne parla molto ed è stato anche un disastro al box office. Ma non lasciatevi ingannare, perché è assolutamente degno della visione (e nonostante tutto, sarà candidato ai prossimi Oscar come miglior film). Che un nuovo adattamento del romanzo fosse necessario è discutibile, ma ciò non significa che l'opera di Del Toro sia una perdita di tempo. Anzi. Lasciatevi trasportare da questa corsa di sola andata in un'interminabile casa degli orrori, da questo film di una potenza emotiva travolgente; da questo mondo fantastico, tanto incantevole quanto ripugnante, che passa dal fango al glamour, dal sogno di un mondo magico a uomini bestia che sguazzano nella terra. Un mondo in cui, come direbbe qualcuno, niente è ciò che sembra.


VOTO FINALE: ****1/2


P.S. (con SPOILER): spesso, chi si vanta di non bere mai è proprio un alcolizzato stesso. E solo un alcolizzato trova piacere nel bere sempre di più, continuando a sprofondare nell'abisso finché niente potrà più salvarlo e la bottiglia stessa diventerà il suo Dio. Non a caso, Stan dice "sono nato per questo".

 

E l'Oscar come miglior attore protagonista va a... ENOCH.
He's watching you.

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