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ANTLERS, SPIRITO CORNUTO

Allora ragazzi, qui non ci siamo. Non ci siamo proprio.
Eppure abbiamo cominciato la visione con tutta la buona volontà, ce ne avevano parlato bene, c'è un mostro cornuto, poi l'ha prodotto Guillermo Del Toro, cosa può andare storto?
Intendiamoci eh, non è un brutto film affatto, e magari molti di voi se lo godono pure senza curarsi dei vari problemi. Ma noi i difetti li vediamo tutti e diciamo che era lecito aspettarsi di più.

Antlers (2021)
Regia:
Scott Cooper
Cast:
Keri Russell, Jesse Plemons, Jeremy T. Thomas, il Cornuto


Scott Cooper è un bravissimo regista, che ha lasciato il segno in vari generi finora, seppur mai apprezzato davvero dal grande pubblico (heh). Dal dramma musicale Crazy Heart, al thriller Il fuoco della vendetta, al gangster biopic Black Mass, al western (rivisitato) Hostiles. Questo è il suo primo approccio all'horror ma conosciamo tutti il suo talento, poi prodotto da uno dei più influenti artisti di horror moderni, insomma c'era molto hype intorno a quest'adattamento di una storia di Nick Antosca. E infatti ci sono belle idee e molte cose positive, ovviamente non è il classico popcorn horror scadente basato su jumpscares, però anche parecchie lacune, di cui ora andremo a parlare.

Proprio come Il fuoco della vendetta usa le regole dei film vendicativi per raccontare il disagio sociale, le difficoltà economiche e familiari, questo film usa gli espedienti dell'horror per trattare l'argomento della violenza domestica. Al centro della storia c'è l'insegnante Julia Meadows (Keri Russell), che è appena tornata nella sua città natale e che, come indicano brevi flashbacks, ha avuto esperienze traumatiche da piccola. A quanto pare era solita cercare la salvezza nell'alcool, come si può notare dagli sguardi furtivi che lancia alle bottiglie nel supermercato. Julia vive a casa dei suoi genitori con suo fratello Paul (Jesse Plemons), lo sceriffo locale, anche se progetta di andarsene al più presto.

Il suo campanello d'allarme si fa sentire quando nota che il suo studente Lucas Weaver (Jeremy T. Thomas) diventa sempre più strano, e ovviamente in lei nasce subito il sospetto che suo padre gli stia facendo qualcosa. Ma dal prologo, in cui il padre Frank (Scott Haze) viene attaccato da una creatura soprannaturale in un laboratorio segreto di metanfetamina, noi sappiamo già che c'è qualcosa di grave. Qualcosa che lurka nell'ombra, e fa ancora più paura perché non sappiamo cosa. Col passare del tempo, diventa chiaro perché deve chiudere suo padre e suo fratello Aiden a chiave e portar loro da mangiare regolarmente.


La trama in sé non è complessa. Nella prima parte, che poi è anche la migliore, abbiamo un ritmo piuttosto lento perché il film si concentra sull'ambientazione e i suoi personaggi. La vista di tanti edifici abbandonati rievoca la decadenza del Fuoco della vendetta, il degrado in quella che una volta era una città industriale, mentre ora è rimasta solo una vecchia miniera che funge da cucina per la droga. I personaggi lasciano intendere quanto sia profonda la disperazione della gente e la desolazione. Dalle immagini del direttore della fotografia Florian Hoffmeister penetra un'umidità e una freddezza che sembrano quasi insinuarsi nelle ossa dello spettatore. Insomma, il film promette bene.

Il disagio è intensificato dall'ambiente in cui vive Lucas: è in condizioni raccapriccianti, una casa in rovina, completamente solo e scosso dai traumi subiti in passato. I segni sulla schiena, che vediamo solo brevemente, parlano da soli. E il fatto che tutto questo dolore, questa sensazione di essere abbandonati da tutto e tutti, ci arrivi sottopelle è dovuto anche alle performance degli attori, decisamente sopra la media per un film horror. Jeremy T. Thomas - scelto dopo aver provinato più di 900 ragazzi - parla poco, ma ci dona il ritratto di un ragazzo disturbato che ha bisogno di sostegno e sicurezza. Keri Russell rivela il suo bagaglio emotivo in diversi punti, ma basta una scena in ospedale con suo fratello Paul per portare a galla tutte le ferite che la maestra si porta dietro sin dall'infanzia. Peccato che il copione non sia dei migliori, a cominciare dai dialoghi, e lo sviluppo dei personaggi è quasi nullo - Paul è particolarmente monodimensionale - sprecando così le potenzialità di due buonissimi attori. Jesse Plemons non sembra proprio a suo agio, e non solo per il personaggio che interpreta.

La seconda parte del film, comunque, incarna più o meno tutto ciò che non va. I cliché dell'horror prendono il sopravvento, e progressivamente quell'effetto di oppressione e disagio svanisce. Certo, il mostro cornuto che è a caccia dei Weaver farebbe anche paura, ma il film si adagia troppo sugli schemi classici del genere (emblematico un personaggio che, ignorando qualsiasi avvertimento, si lancia dritto verso la morte). Ovviamente c'è anche lo spiegone dell'ex sceriffo Graham Greene (interpellato solo per quello), come se noi non fossimo in grado di capire. Il finale è quanto di più generico possibile, e in generale tutta la seconda parte manca la potenza dei primi tre quarti d'ora. Le cose migliori sono ancora la cinematografia, le immagini, l'ambientazione, il design del mostro (usato pochino, però, e pure con un moderato CGI). La musica di Javier Navarrete (Il labirinto del Fauno). Ci sono scene meravigliose parlando dal punto di vista puramente estetico, che ricordano proprio Del Toro (avrà dato qualche consiglio), ma purtroppo manca la sostanza. 


Se dovessi descrivere questo film con un aggettivo, direi frustrante: le basi c'erano tutte, si poteva e doveva fare di più, conoscendo anche le qualità del regista. E invece abbiamo un film che non è né carne né pesce, e si prende troppo sul serio. Tra l'altro, non si capisce neanche chiaramente dove vuole andare a parare: l'introduzione sembra da monster movie, ma poi viene fuori che è un film sul trauma - cosa che Cooper tenta di nascondere, ma in modo abbastanza maldestro. Poi nella seconda parte torna a essere un banalotto monster movie, che non fa nemmeno paura (a parte al nostro amico Madeo, notoriamente cacasotto più sensibile). O forse è un film sulle terribili conseguenze di una società che ignora gli svantaggiati e li lascia soffrire in silenzio? O forse è su come i bianchi la debbano pagare per aver derubato e abusato gli indiani d'America? O forse su come i cornuti siano incazzati e desiderosi di vendetta? Il risultato è che nessuna di queste spicca in maniera particolare. Negli ultimi anni abbiamo avuto taaaanti film che usano orrore e metafore per approcciarsi ai traumi reali, e alcuni ottimi li abbiamo recensiti anche noi, quindi se scegli questa strada e vuoi "elevare" (brutto termine, comunque) l'horror non mi puoi fare il compitino. Questo tenta disperatamente di dire qualcosa, ma non arriva da nessuna parte. Possiamo dire con certezza che Antlers sia una delle delusioni più grandi del 2021, e purtroppo per Cooper, un disastro anche al box office - c'è da dire che, poveraccio, dopo vari rimandi causa covid è uscito nel weekend di Halloween insieme a diversi altri film che erano molto attesi, tra cui Halloween Kills per restare nel genere.

Comunque, resta un discreto film sotto tutti questi mostri e budella, che nonostante tutto merita la visione grazie ai motivi su menzionati. Magari andrà meglio la prossima volta, vedremo che ha combinato con The Pale Blue Eye.

Nel frattempo, chi dà più di 4 stelle a questo film è un cornuto.


VOTO FINALE: ***

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