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ANTLERS, SPIRITO CORNUTO

Allora ragazzi, qui non ci siamo. Non ci siamo proprio. Eppure abbiamo cominciato la visione con tutta la buona volontà, ce ne avevano parlato bene, c'è un mostro cornuto, poi l'ha prodotto Guillermo Del Toro, cosa può andare storto? Intendiamoci eh, non è un brutto film affatto, e magari molti di voi se lo godono pure senza curarsi dei vari problemi. Ma noi i difetti li vediamo tutti e diciamo che era lecito aspettarsi di più. Antlers (2021) Regia: Scott Cooper Cast: Keri Russell, Jesse Plemons, Jeremy T. Thomas, il Cornuto Scott Cooper è un bravissimo regista, che ha lasciato il segno in vari generi finora, seppur mai apprezzato davvero dal grande pubblico (heh). Dal dramma musicale Crazy Heart, al thriller Il fuoco della vendetta, al gangster biopic Black Mass, al western (rivisitato) Hostiles. Questo è il suo primo approccio all'horror ma conosciamo tutti il suo talento, poi prodotto da uno dei più influenti artisti di horror moderni, insomma c'era molto hyp

L'AMORE AI TEMPI DEL TITANIO

- Stasera vediamo il film vincitore di Cannes.
- Ah, bello! Mi hanno detto che la protagonista ammazza gente con un fermacapelli e si scopa un'automobile.
- Proprio così. Però la Ducournau è brava, dai.
- Certo. Io intanto prenoto un ricovero alla clinica psichiatrica che dopo tutti sti film assurdi ne avrò bisogno.


Titane (2021)

Regia:
Julia Ducournau
Cast:
Agathe Rousselle, Vincent Lindon, Garance Marillier


Ah Julia, Julia, me l'hai fatta di nuovo.
Immaginate un film così pazzo, delirante e che ti fa sentire davvero dolore fisico (altro che le montagne russe), con una donna incinta di un feto metallico... che poi alla fine ti lascia in lacrime. Emotivamente in rovina. Esatto, stiamo parlando di questo film!

La tensione era palpabile a Cannes, quando Spike Lee si è lasciato sfuggire il nome della vincitrice all'inizio della cerimonia. L'euforico Lee sembrava consapevole della portata di questa decisione, che ovviamente avrebbe fatto la storia del 74esimo festival. Quando la Ducournau ha finalmente accettato il premio ci si aspettava ancora che potesse arrivare qualcuno ad annunciare un errore, come agli Oscar 2017, invece per fortuna non è arrivato nessuno.
La Palma d'Oro alla Ducournau non è significativa solo perché è la seconda volta in assoluto che viene vinta da una regista donna (l'ultima Jane Campion, 29 anni fa), ma anche perché questo film appartiene ad un tipo di cinema che è sempre stato "di nicchia", quello di cui si fregiano i festival d'essai per dimostrare che sono più aperti degli altri: esteticamente radicale, narrativamente audace, sì, ma alla fine restava sempre solo un'interessante sfaccettatura del cinema contemporaneo.

"Ringrazio Bruno Barbieri per il vestito, ora devo scappare che giocano i New York Knicks!"


Tuttavia, finalmente, questo cinema al momento sta attraversando un cambiamento fondamentale - non solo con Titane, ma forse sin da quando sono aumentate le offerte in streaming e vengono proposte nuove storie. La Ducournau stessa l'ha sottolineato nel suo discorso di ringraziamento, quando ha affermato che anche la giuria, assegnando questo premio, ha riconosciuto che il cinema oggi si sta confrontando con un mondo che cambia in cui le idee, come i generi, sono "fluidi": mutevoli, indefinibili, aperte a nuove esperienze.

Proprio come la protagonista Alexia - certo non la nostra classica eroina, men che meno una figura in cui identificarsi - che attraversa un processo evolutivo davvero fantastico in Titane, e diventa tanto più umana quanto più "disumano" appare il suo aspetto esteriore. 

La modella Agathe Rousselle, che si definisce di genere non binario, interpreta questa giovane donna dal carattere impulsivo e aggressivo. Quando vediamo Alexia per la prima volta, si sta facendo strada tra la folla in un eccezionale piano sequenza ad uno show automobilistico, circondata da donne mezze nude che ballano e uomini che sbavano. Non è proprio chiaro cosa si stia esibendo qui: se siano i corpi delle auto o quelli delle donne. Ma quando Alexia si arrampica su un'auto sportiva americana, è chiaro che lei sia a caccia. E trova la sua preda in un parcheggio, in un fan/stalker che le chiede un autografo e la bacia dopo che lo spettacolo è finito. Ecco il primo bagno di sangue.


Anche all'esordio della Ducournau, il film d'amore cannibalistico Raw (di cui qui ritroviamo la Marillier), i desideri interpersonali erano un'espressione di alienazione fisica. La Ducournau, che scrive anche le sceneggiature dei suoi film, mette in scena gli aspetti più carnali dell'horror, ma al tempo stesso dietro questa patina insanguinata si cela una tenerezza animale. Titane inizia come un classico body horror, e di base resta tale nel senso che questo genere si è sempre basato sulla battaglia metafisica tra corpo e mente; ma dopo la fuga dalla polizia, proprio come il corpo di Alexia subisce cambiamenti drastici, anche il film cambia forma più e più volte.

                                                                        "Ti è piaciuto mangiare carne umana? Ora io mangerò te!"

Lo scrittore inglese J.G. Ballard ha creato un monumento letterario sul fetish per il metallo con il romanzo distopico "Crash", su cui il pioniere del body horror David Cronenberg ci ha fatto un film. La scena al salone dell'auto sembra una versione femminista di quell'ossessione, ma con la Ducournau il desiderio di connettersi con qualcosa di non organico va ancora più in profondità. Alexia vive con una placca di titanio in testa, impiantatele dopo un grave incidente d'auto quand'era piccola, e porta una cicatrice a forma di lumaca sull'orecchio a mo' di marchio, che nemmeno Cronenberg avrebbe potuto immaginare meglio.

La scena di sesso tra Alexia e una Cadillac ruggente, accompagnata da canti corali, è senza dubbio il prodotto di una fantasia femminile. La telecamera di Ruben Impens (il direttore della fotografia) indugia sul vano motore, osservando pistoni e tubi come se fossero viscere umane. Questa è la perversione ultima di uno sguardo maschile, l'omoeroticismo di Kenneth Anger in Scorpio Rising alla rovescia, per dire. Ducournau confida che il suo pubblico riconosca quest'ironia; ironia sì, ma non pensate che sia un gioco.

                                                                                "Principiante, se non fai un incidente che gusto c'è?"

La Ducournau definisce il suo stile "barocco" e dice che nella prima mezz'ora del film voleva riprodurre un eccesso estetico tipico del genere, con cicatrici, violenza e auto, per poi gradualmente sublimarli. E giocando con le identità, Titane trova finalmente il suo vero tema: una menzogna esistenziale.

Alexia veste i panni di un ragazzo scomparso dieci anni prima, Adrien, di cui scopre l'esistenza vedendo il notiziario all'aeroporto. Questo è l'inizio della sua trasformazione: si taglia i capelli, si lega i seni e la pancia (che ha già cominciato a gonfiarsi) e si spacca il naso per deformarlo. Nel frattempo le cola dell'olio di macchina dai seni. Il padre del ragazzo (il magnifico Vincent Lindon) sembra disperato quanto lei: una montagna di muscoli, tenuti in vita da continue iniezioni di steroidi controvoglia, danneggiato profondamente dal trauma della perdita. 


Alexia/Adrien e Vincent, due anime spezzate e sull'orlo dell'abisso, formano la più improbabile coppia messa insieme dal destino nella storia recente del cinema. Vince, sollevato dal ritorno di "Adrien", non mette in discussione l'autenticità di questa persona muta che si trasferisce nella stanza vuota di suo figlio. E di rimando, Alexia comincia ad interiorizzare l'identità del ragazzo fino a rinunciare a se stessa. Queste due persone che stanno per affondare trovano una nuova ragione di vita, e iniziano a prendersi cura l'uno dell'altra. C'è qualcosa di poetico in tutto ciò, come dice la stessa regista: un amore che nasce dall'oscurità che circonda queste due anime, e per accettare la realtà dovranno abbandonare le loro vecchie vite.

La Ducournau definisce il suo film "queer", ma sottolinea che il suo concetto di fluidità non riguarda solo l'identità di genere. Si tratta proprio di una nuova percezione, del rapporto tra lei e il mondo. E Titane ha le potenzialità di cambiare il nostro modo di vedere il mondo (non solo il cinema), anche se magari i più sensibili si volteranno dall'altra parte durante alcune scene. La Ducournau sceglie la via più radicale possibile per mettere in discussione le attribuzioni culturali e sociali, persino le certezze dei sentimenti interpersonali, e per farlo utilizza in maniera virtuosistica l'intera gamma delle possibilità narrative del cinema.

Di conseguenza anche la musica gioca un ruolo fondamentale nel suo cinema corporeo. Abbiamo tre scene di ballo in Titane, ognuna delle quali costituisce una nuova prospettiva su Alexia, ed è per questo che non c'è bisogno di tanti dialoghi: i corpi comunicano per loro. D'altronde l'amore non si può esprimere a parole, che anzi possono essere anche deleterie; basta la presenza di due corpi nella stessa stanza, quelli di Alexia e Vincent, per dire tutto, e comunicare anche con lo spettatore.


Insomma, le emozioni crude e la tenera brutalità in questa storia non dovrebbero scoraggiare nessuno, piuttosto dovrebbero essere intese come espressione di spietata onestà. Non fatevi influenzare da certi critici bigotti - che scrivono anche su popolari testate italiane, ma non faccio nomi e cognomi - che non sanno evolversi, vedono i primi 10 minuti di film e dicono che fa schifo. O parlano di "violenza gratuita". Invece no: Titane è un film emotivamente potente, nonostante il genere, sporco e logoro ma che rappresenta l'essere umano nella sua forma più cruda. Alla fine ci ritroviamo a tifare ardentemente per questa relazione assurda, e a sperare che nessuno ce la porti via. Negli ultimi minuti anche il più insensibile (eccomi) si ritroverà a commuoversi, nel migliore dei casi, o a piangere disperatamente. Un film meraviglioso e straziante, forse non perfetto ma d'altronde l'imperfezione è umana; e chissà che questo mostro di film imperfetto, su due persone imperfette, aprirà le porte a un nuovo tipo di cinema. Per il momento sappiamo solo che la Ducournau ha spalancato un portone che non si può più richiudere. Conduce nell'oscurità - ma alla fine risplende, luminosamente. Julia, io ti dico sinceramente: grazie.

VOTO FINALE: ****1/2


Comunque tutti a nominare Cronenberg - pure noi - che sicuramente è il maestro spirituale e principale ispirazione della Ducournau, vediamo i temi della metamorfosi, la simbiosi tra uomo e macchina etc. Però la Ducournau lo porta ancora ad un altro livello, sicuramente più profondo ed emotivo - ma anche più comprensibile nella sua assurdità, senza nulla togliere a Cronenberg che resta sempre uno dei miei preferiti. Il suo stile è unico e nel 2021 sicuramente non è facile stupire, ma lei è una dei pochi a riuscirci.

Il problema è che dopo aver visto Titane, sia gli altri film che la vostra vita sembreranno di una noia mortale. Però ne vale la pena.



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